Niente lama, siamo alpaca e veniamo in gentilezza
L’alpaca lo conosciamo tutti: originario dei paesi andini, simile a un lama (entrambi della famiglia dei camelidi) ma più piccolo e simpatico, nell’immaginario collettivo ha superato anche gli unicorni, perché presente in tutta l’oggettistica del creato e nei buffi video dei social, ma anche e soprattutto per la crescente diffusione di allevamenti, all’estero e da alcuni anni anche in Italia.
Il mio primo incontro avviene in Colorado, alla fattoria Stargazer, luogo che sembra uscito dalle favole, situato in una città che non poteva che chiamarsi Loveland.
Ho prenotato una visita tutte per me, in due abbiamo l’intera fattoria a disposizione, accompagnati da Cindy e John, grandiosi padroni di casa, che in un attimo ci immergono nella soffice vita di questi animali. Una breve e interessante chiacchierata introduttiva ci racconta della lavorazione della lana, il cui pregio dipende dalla razza, e che ricordo in tutti i casi trattasi di una tra le fibre più calde al mondo, pur essendo 80 volte più sottile del capello di un essere umano. Non necessita neanche di colorazione, essendo già presente in un’ampia varietà di toni naturali. Inoltre, le numerose qualità, lucentezza, leggerezza, morbidezza e resistenza la rendono una delle lane più pregiate in assoluto, oltre ad essere completamente anallergica, non contenendo lanolina, motivo per cui neanche infeltrisce.
La tosatura avviene una volta l’anno, in primavera, come testimoniato dagli splendidi esemplari che stiamo per incontrare, completamente rasati ad eccezione della testa, che tra l’altro, è anche l’unica parte in cui non amano essere toccati, per cui quelle buffe capigliature che spaziano dal punk al rockabilly fino alle cotonature 80s, sono del tutto naturali e personalissime.
Cindy e John hanno acquistato il loro primo esemplare nel 1999: una vita passata tra cavalli, cani e altri animali, li ha portati verso un’attività unica e un po’ fuori dal comune proprio come loro. La favorevole condizione fiscale del periodo e la facilità di gestione di un allevamento del genere hanno giocato in loro favore. Gli alpaca sono animali docili, molto puliti e non richiedono sforzi impressionanti. Ad oggi, loro due gestiscono 50 esemplari e tutte le attività correlate, tosatura compresa, solo con l’aiuto di un collaboratore part time. Ci spiegano inoltre che l’addomesticazione degli alpaca è uno dei più antichi al mondo (da oltre 5.000 anni) ecco perché non ne esistono di selvatici.
Ci mostrano gli innumerevoli usi di questa particolare lana, ma è solo quando entriamo nel loro territorio che mi rendo conto di quanto siano totalmente unici: un gruppo di testone gonfie di pelo su corpi smilzi, che non corrono, ma galoppano quasi in slow motion come fossero sulle reti elastiche. I loro sorrisi gengivali mi conquistano per sempre, i denti che servono alla masticazione sono presenti solo nella parte inferiore della bocca (come altri erbivori), mentre sopra sono caratterizzati da una sola grande e rosea gengiva che aiuta a strappare l’erba da terra, ma non abbastanza bene le radici.
Scopro che, al contrario della maggior parte dei ruminanti, non hanno veri e propri zoccoli, ma unghie e cuscinetti, come cani e gatti (qualcuno potrebbe ascrivere anche a questa caratteristica l’aura di pucciosità in cui ormai fluttuano gli alpaca), sono infatti digitigradi, come gli altri camelidi camminano usando come punto di appoggio solo le falangi. Ma non è l’unica caratteristica che li differenzia dai loro simili.
Cindy ci racconta infatti che una caratteristica comportamentale piuttosto unica è quella della pulizia e discrezione: hanno bisogno di mantenere gli spazi in cui mangiare assolutamente lontani da quelli dove espletare i propri bisogni. Ne abbiamo conferma diretta quando uno di loro si allontana in cerca di intimità, dopo appena qualche secondo gli altri lo vedono e decidono che è un buon momento per andare con lui a fare la stessa cosa. In un attimo è chiaro quale sia l’area dei bagni pubblici.
Sono animali gentili e docili ma anche piuttosto determinati, la gestazione dei cuccioli, una delle più lunghe in natura, dura circa 11 mesi, ma la mamma può decidere di prolungarla qualora si senta poco sicura o se il cibo a disposizione non fosse abbastanza per il piccolo. Mentre mangiano semi dalle nostre mani, guardo i loro occhi, grandissimi, che permettono loro di vedere a lunghe distanze, ma essendo in parte coperti dalle teste super fluffy, spesso finiscono per alterare le traiettorie dei loro soffi. A differenza del lama, l’alpaca non sputa ma soffia sul predatore per difesa o sui simili come gesto di fastidio. Non succede verso gli esseri umani, se accade (a me più volte) è solo perché non hanno preso bene la mira. A molte persone piace pensare si tratti di baci, ma Cindy e John ci confermano che non è nulla di tanto dolce.
Ogni abitante di Stargazer ha un collare col nome: Betty Boop, Alex, Jolanda…si tratta ovviamente del modo più facile e naturale per riconoscerli, ma affatto scontato, visto che quasi tutti gli altri allevamenti utilizzano la punzonatura dell’orecchio, e trovo che questa scelta alternativa e meno dolorosa sia delicata e rispettosa.
Loro nel frattempo saltano, corrono, si siedono accanto a noi, alcuni si rotolano a terra, e scopriamo che lo fanno non solo per grattarsi ma anche per tenere la pancia, unica area del corpo non coperta di pelliccia, al sole, per la vitamina D. Che dire, puliti e anche amanti della vita sana.
In inverno, ça va sans dire, resistono bene alle fredde temperature, ecco perché spesso decidono di restare fuori piuttosto che ritirarsi nei luoghi al chiuso.
Dato il crescente interesse da parte delle persone verso questi animali, chiedo cosa cercano quando vengono in visita alla fattoria, se si tratta perlopiù di pet therapy o reale curiosità, o magari moda del momento, per Cindy e John rientra senza dubbio nell’aumento di interesse della “gente di città” verso ritmi più lenti e uno stile di vita meno stressante e lontano dalla tecnologia, in favore di natura e animali.
Non ho difficoltà a crederlo, visto che rimango con gli alpaca per quasi 4 ore dimenticando completamente che devo rimettermi in viaggio. Lo faccio un po’ controvoglia in effetti.
Però so che tornerò presto, e se non sarà subito da Betty Boop, sicuramente andrò a visitare qualche altro allevamento sulla costa est.
Nel frattempo, consiglio a tutti di fare altrettanto, cercando in Italia la fattoria più vicina, e ovviamente, nel caso di un viaggio in Colorado, vicino Denver, tappa obbligata: Loveland, dove ci sono Cindy, John e 50 buffi tipi pronti a qualsiasi cosa, purché sia soffice.
Hilary Antonelli