La Panissa vercellese abbinata con il Barbera d’Asti
Questo piatto a base di riso che a Vercelli chiamano Panissa è diffuso in tutta la zona risicola piemontese fino ad arrivare in Valsesia, a Varallo, ai piedi del Monte Rosa e in parte anche in quella lombarda, dalla Lomellina al lodigiano. A Novara si chiama invece Paniscia, che si differenzia dalla Panissa vercellese per l’aggiunta di verdure come la verza e le carote e per una consistenza piuttosto ”cremosa”. A Varallo, infine, si chiama Paniccia ed è simile a quella novarese, ma praticamente è più ”brodosa”. Sono pietanze, queste, che hanno radici profonde nel tempo e nella Storia, infatti si sa che la Panissa veniva preparata prima ancora dell’introduzione in Italia del riso dalla Cina (che è avvenuta intorno al XV secolo), ma anche prima dell’arrivo delle attuali varietà di fagioli nel nostro Paese, che sono tutti incroci di varietà provenienti dal Nuovo Mondo. La Panissa, prima di allora, si cucinava utilizzando miglio (panigo) con i fagioli dall’occhio che erano autoctoni della zona e invece oggi sono coltivati praticamente nella valle del Sele e negli Alburni, in provincia di Salerno, e in piccole zone dell’Avellinese.
L’amore della mia adolescenza è comunque la Paniscia novarese e il vino ideale da abbinarci è un vino rosso tipico della Bassa Valsesia, il Colline Novaresi Vespolina, ma che sia giovane. La Panissa vercellese invece meriterebbe degnamente un gran vino che nasce pochi chilometri più a sud, nella fascia collinare di Asti, quel Barbera che non è difficile da trovare anche nei circoli, nelle osterie e nelle trattorie lungo le rive del Sesia dove ho imparato a cercarla e ad apprezzarla più di mezzo secolo fa. Vi invito anche ai “Paniscia Days” di Novara, l’evento che di solito si tiene ogni anno alla fine di ottobre e che è organizzato dalla Confcommercio Alto Piemonte, in cui per tre giorni, in una ventina di ristoranti, sarà possibile gustare una Paniscia tradizionale o creativa, e altre specialità, con menù a prezzo fisso.
Ingredienti per 12 persone
- 2 kg di riso Carnaroli 2 Kg (vanno bene anche Baldo o Roma)
- 250 g di fagioli secchi di Saluggia
- 250 g di cotenna di maiale
- 200 g di lardo con la vena
- salam d’là duja già sgrassati dallo strutto e spellati
- 3 cipolle
- 2 foglie di alloro
- 2 cucchiaiate abbondanti di conserva di pomodoro
- olio extravergine di oliva quanto basta
- sale quanto basta
- 1 litro di vino rosso (Barbera)
- grana padano grattugiato al momento a piacere
- pepe nero macinato fresco al momento a piacere
Procedimento
I fagioli vanno ammollati in acqua abbondante per tutta la notte e, trascorso questo tempo, scolateli e sciacquateli bene. Pulite e tritate una delle cipolle e soffriggetela per qualche minuto con un paio di cucchiaiate di olio extravergine di oliva in una pentola dai bordi alti, quindi aggiungete i fagioli, la cotenna appena sfiammata per spelacchiarla e ben lavata, quindi le due foglie di alloro. Aggiungete 5 litri d’acqua, regolate il salate e fatela bollire. Quando i fagioli saranno al dente, toglieteli da questo brodo, scolateli e lasciateli raffreddare in una terrina, conservando il brodo.
Procedete adesso come per cucinare un risotto classico. Lavate e tritate le due cipolle ancora a disposizione e iniziate a farle soffriggere in un’altra pentola (o in una padella larga e capace dai bordi alti) con un poco di olio extravergine di oliva, aggiungete il lardo precedentemente tritato a dadini, lasciate rosolare ancora un po’ e poi mettete anche i salam d’là duja, tritati anch’essi e rosolate a fuoco lento ancora per alcuni minuti. Nota bene: questi salami si mettono nello strutto per poterli avere disponibili morbidi durante tutto l’arco dell’anno e più invecchiano, più diventano buoni.
A questo punto aggiungete due cucchiaiate abbondanti di conserva di pomodoro e metà del vino (Barbera), lasciandolo sfumare quasi come se fosse un ragù, fino a quando il vino non sia assorbito dal soffritto ed evaporato. Aggiungete adesso il riso e fatecelo tostare per un paio di minuti con il soffritto, ma impeditegli di incollarsi sul fondo rigirandolo con un cucchiaio di legno. Il riso dovrà amalgamarsi bene e quando sarà tutto asciutto aggiungete anche l’altra metà del vino e quando anche questo sarà sfumato, iniziate a bagnarlo a poco a poco con il brodo di fagioli che avete preparato e conservato, cuocendo e mantecando come si fa per un classico risotto. A metà cottura aggiungete i fagioli e togliete dal brodo la cotenna, scolatela, tagliatela a pezzi piccoli e rimettetela così nella Panissa in preparazione. Arrivati a cottura aggiungete un pezzettino di burro, ma non troppo e, per chi lo vuole, anche se la ricetta originale non lo prevede, una manciata di grana padano grattugiato al momento e una grattata di pepe nero macinato fresco al momento a piacere. Alla fine, se la Panissa è della giusta consistenza, immergendoci il cucchiaio di legno questo resterà dritto.
Il vino consigliato: Barbera d’Asti ”Bosco Donne” 2020 di Gianni Doglia
Con questa gustosa pietanza al salam d’là duja con fagioli e cotiche vorrei suggerire il Barbera d’Asti ”Bosco Donne” 2020 di Gianni Doglia che già dall’annata successiva ha cambiato etichetta entrando in commercio con quella bianca. Nel 2022 questo vino ha ricevuto il riconoscimento dei 3 bicchieri dalla rivista del Gambero Rosso e il suo enologo, Gianni Doglia, è stato proclamato anche viticoltore dell’anno.
L’azienda vitivinicola Gianni Doglia fondata nel 1940, produce, vini in agro di Castagnole delle Lanze da oltre tre generazioni. Qui la terra emersa dall’antico mare che la ricopriva milioni di anni fa gode di suoli molto adatti alla coltivazione della vite e di un clima mitigato in primavera dai venti di Foehn proveniente dalle Alpi e in estate dal Marin proveniente dal mar Ligure. Gianni, che è un profondo conoscitore del territorio, dopo aver maturato una decennale esperienza presso cantine e aziende vitivinicole piemontesi, ha deciso di continuare sulle orme tracciate dai suoi genitori Bruno e Marisa ed è affiancato da loro e dalla sorella Paola nella nella coltivazione e nella vinificazione delle uve dei circa sedici ettari di vigneti che l’azienda gestisce oggi nei comuni di Castagnole delle Lanze, Coazzolo e Nizza Monferrato. Il grosso della superficie vitata aziendale si trova nell’agro di Castagnole Lanze. Intorno alla cantina, costituita da più edifici e in una posizione dal panorama incantevole, si trovano infatti circa 12 ettari vitati (di cui 6 in un corpo unico), mentre altri 2 ettari si trovano a Montegrosso d’Asti e ulteriori 1,2 ettari sono al Bricco di Nizza.
La decisione di rimanere una piccola azienda a conduzione famigliare consente di dedicare particolare attenzione a tutta la filiera produttiva, riuscendo ad esprimere al meglio l’essenza di un territorio coltivato in regime biologico con un grande rispetto delle piante, tutte lavorate manualmente, senza irrigazione, limitando i danni dovuti ai parassiti con l’utilizzo prevalentemente di solfato di rame e zolfo, gestendo correttamente il suolo per mantenere la flora microbica del terreno inalterata e attiva per la mineralizzazione della sostanza organica naturale dallo sfalcio del terreno inerbito spontaneamente anziché usare i fertilizzati chimici e il diserbo. Cure e attenzioni che estendono il rispetto a chi lavora in vigna e al mantenimento dei piccoli boschi naturali tra le vigne per la ripopolazione e il mantenimento dell’habitat ideale per la fauna locale. La cantina è certificata The Green Experience da alcuni anni ]secondo un disciplinare che riguarda le produzioni integrate, la sostenibilità ambientale e la cura del paesaggio.
Il Barbera d’Asti ”Bosco Donne” 2020 è stato prodotto in un’annata che per l’Astigiano è stata spettacolare con le giuste piogge in primavera e un sole caldo in estate e in autunno. I grappoli sono stati perfetti, compatti, succosi e dolci ed è perciò un’annata da ricordare per i vini che ne sono risultati strutturati e molto longevi. Le uve sono state raccolte a metà settembre dalle vigne della frazione Annunziata di Castagnole Lanze con esposizione sud, nord-ovest a un’altitudine da 250 a 300 metri. Le viti di circa quarant’anni sono piantate su terreno argilloso e calcareo con una densità da 3.500 a 4.000 ceppi per ettaro per una resa di 80 quintali per ettaro. Le uve sono state raccolte manualmente e e depositate con cura in piccole cassette per il trasporto alla cantina, quindi sono state pigiate e messe a fermentare a temperatura controllata con una macerazione di circa 8 giorni. Al termine della fermentazione il vino viene lasciato illimpidire per decantazione statica fino alla fine dell’inverno e poi maturare in vasche di acciaio fino alla fine dell’estate, quando è stato imbottigliato per altri 6 mesi di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Il tenore alcolico è del 14%. Consiglierei di servirlo a 16°C e mantenerlo in bottiglia non oltre i 18°C per goderlo meglio in grandi calici da riempire al massimo per 1/3, in modo da lasciargli sprigionare in sequenza tutti gli aromi.
Di colore rosso rubino intenso e brillante con riflessi violacei, all’attacco i profumi di mora e ciliegia aprono un bouquet ricco di aromi fruttati di fragoline di bosco, lampone, ciliegia, ribes rosso tra sfumature floreali di peonie e rose rosse. In bocca è succoso, rotondo, avvolge con una sensazione di calore, conferma ed esalta le note fruttate con accenni di sambuco nero, foglie secche e un pizzico di pepe. È un vino pieno e armonico, con un ottimo equilibrio tra morbidezza e potenza. Il finale è persistente e aromatico, con un bel ricordo di rucola e meliga. È uno dei Barbera più eclettici e facili da abbinare in quanto accompagna con sincera disinvoltura quasi tutti i piatti della tradizione piemontese e astigiana come la bagna càuda, ”dui puvrun bagnà ‘nt l’öli” (due peperoni bagnati nell’olio), la carne cruda di Fassona piemontese battuta a coltello, gli agnolotti del plin al sugo d’arrosto, la finanziera di creste e bargigli di gallo, lo stufato d’asino, il brasato di manzetta al Barbera. Non è male con la robiola di Roccaverano.
Mario Crosta
Azienda Vitivinicola Gianni Doglia
S.P. 39 strada Annunziata 56, 14054 Castagnole delle Lanze
coord. GPS: lat. 44.738997 N, long. 8.164737 E
Tel. 0141.878359
sito www.giannidoglia.it, e-mail wine-doglia@libero.it