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La famiglia Dell’Antonia e il Torchiato di Fregona

Mara e Claudio Dell'AntoniaCaldo. Afa. Sudorazioni incontrollabili. Emilio Fede che dedica metà Tg4 alle evoluzioni meteo (per fortuna che in Italia tutto va bene e non ci sono altri problemi più seri a cui dedicare un po’ di tempo…). Tutti inequivocabili segnali che dimostrano come il grande caldo proveniente dall’Africa sia arrivato a fare un po’ di compagnia a tutti gli italiani in questa seconda metà del mese di Agosto.
Temperatura e tasso di umidità elevato hanno portato le nostre bucce corporee a percepire livelli calorici vicini ai 40 gradi. Risultato: tutti a boccheggiare e bere abbondantemente per evitare che l’eccessiva sudorazione ci porti alla disidratazione. Per me che soffro il caldo umido, una vera agonia. Ma visto che cerco di pensare sempre positivo, mi son detto: “Non sarà mica che questo caldo, che evapora i liquidi del mio corpo, nasconde un messaggio divino che vuole condurmi verso qualche paradisiaca destinazione“? Non ci crederete ma è stato proprio cosi.
Non è stata l’apparizione di una celeste cometa ad indicarmi la retta via, bensì un incontro semicasuale con Mara Dell’Antonia, una simpatica appassionata del nettare Dionisiaco, che assieme alla famiglia porta avanti un’antica tradizione vitivinicola che vede protagonista una tipologia che fa della disidratazione e della “sudorazione” dei chicchi la sua principale caratteristica produttiva.
Ci troviamo a Fregona, piccolo centro in provincia di Treviso, circondato da un susseguirsi di colline disposte a semicerchio, situate alle pendici del Monte Pizzoc e dell’Altopiano del Cansiglio. Un piccolo paradiso dove il verde e la quiete la fanno da padroni. Qui la vite trova il suo habitat ideale. Gli altopiani montuosi la proteggono dai freddi invernali mentre in estate è accarezzata dalle fresche correnti estive che permettono all’uva di maturare nelle migliori condizioni possibili. Ed è in queste colline che la famiglia Dell’Antonia, capitanata da Claudio, con la preziosa collaborazione della moglie Natalina e dei figli Mara e Alessio, porta avanti una tradizione secolare producendo un vino passito di nicchia, figlio di questo territorio: il Torchiato di Fregona.

Vigneti e paesaggio circostanteL’azienda vinicola rappresenta per la famiglia la seconda attività, in quanto tutti si dedicano ad altre occupazioni lavorative, ma se si parla di cuore ed emozioni allora non vi è dubbio cosa rappresenti per loro la parte più importante. I numeri parlano di 2 ettari vitati e una produzione di circa 2000 bottiglie all’anno (formato da mezzo litro). Ma non sono i numeri ad essere importanti, bensì l’amore e la tenacia profusi per riuscire a mantenere viva una tradizione e un prodotto che ha origini antiche e che sarebbe un delitto veder scomparire.
Nell’antichità il vino dolce era considerato quello prediletto dagli Dei; era meglio conservabile e più facilmente trasportabile. Nella cultura contadina rappresentava un fondamentale apportatore di calorie e zuccheri, una sorta di medicina ricostituente; ecco perché rappresentava un bene prezioso con il quale si soleva accogliere l’ospite o celebrare occasioni importanti.
La storia della famiglia Dell’Antonia è quella tipica di tutte le famiglie contadine del tempo. Tanto lavoro e fatica nei campi e in vigna. Il Torchiato veniva prodotto quasi esclusivamente per uso personale. Nei primi anni del ‘900 il nonno di Claudio prese in gestione assieme al fratello un bar dove iniziò a commercializzare il vino. In seguito alla partecipazione a un concorso a Torino arrivò anche un riconoscimento ufficiale e la successiva iscrizione nell’albo dei vini d’oro d’Italia. La definitiva consacrazione del Torchiato di Fregona non arriva troppo distante dai giorni nostri. Fondamentale sarà la nascita del Consorzio nel 1978, capace di riunire le 13 aziende produttrici in un progetto comune. Di vitale importanza sarà anche il lavoro dei ricercatori dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano che si impegnarono nello studio delle varietà protagoniste del passito, alcune delle quali, come la boschera per esempio, non ancora registrate nell’albo dei vitigni e quindi non autorizzate per la produzione e l’imbottigliamento.
L’inizio ufficiale della storia moderna del Torchiato di Fregona DOC lo si avrà il 21 agosto del 1993, data in cui il disciplinare di produzione viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

In mezzo ai vignetiMa cos’è e come si produce il Torchiato di Fregona?
Il lavoro inizia in vigna con le varietà di boschera, verdiso e prosecco e talvolta anche con piccole quantità di altre tipologie locali come bianchetta, dall’ocio, perera. Un lavoro scrupoloso dove si cerca di ottenere uve perfettamente mature e sane. I vigneti migliori per produrre il Torchiato sono quelli posti su terreni magri in quanto l’eccesso di azoto del terreno, una volta nel grappolo, rende l’uva più debole all’appassimento.
I trattamenti rameici invece rendono l’uva più spessa e quindi ottima alla causa. In vendemmia vengo selezionati i grappoli più spargoli che garantiscono miglior arieggiamento e riducono così la possibilità di muffe. I grappoli, una volta adagiati delicatamente nelle cassette (per evitare pericolose rotture degli acini) vengono portati in granai o sottotetti perfettamente areati. Dopo una selezione accurata, che mira ad eliminare le parti danneggiate, inizia la fase dell’appassimento.
Il verdiso, tipologia più delicata, viene posto su dei graticci o come si usava nel passato, legando i grappoli a delle cordicelle che poi vengono appese alle travi del soffitto. Le altre tipologie restano adagiate su singolo strato nelle cassette o sui graticci. Importante in questa fase garantire un livello di umidità ideale. Le condizioni climatiche della zona permettono di ottenere una disidratazione ottimale delle uve. Va però monitorato con cura il livello di umidità, intervenendo tempestivamente con l’apertura o la chiusura delle finestre dei locali di appassimento a seconda delle variazioni climatiche. In casi estremi, un ventilatore e un deumidificatore sono pronti ad intervenire per evitare inconvenienti, ma è un caso che raramente si presenta perché la normalità è rappresentata dalla completa naturalità del processo.

L'appassimento delle uveI grappoli restano nei sottotetti o nei granai per circa sei mesi, tempo durante il quale la percentuale di zuccheri presenti nei chicchi aumenterà in modo esponenziale, evitando però che superi il 35% del totale. Questo per non rendere troppo difficile il successivo lavoro dei lieviti, con  l’obiettivo di ottenere un vino con un contenuto alcolico compreso fra i 14-16 gradi e 10-12% di zuccheri residui.
Dopo un’accurata selezione manuale, che mira ad eliminare eventuali chicchi colpiti da marciume non nobile, si effettua la diraspatura del grappolo che permette di convogliare gli acini verso quello che è il simbolo antico di questo vino: il torchio.
Vengono eseguite almeno tre torchiature e tra una e l’altra le vinacce residue sono separate manualmente e rimesse nel torchio fino ad ottenere nell’ultimo passaggio un mosto oleoso, ricco di zuccheri, aromi e profumi formatisi nei lunghi mesi dell’appassimento. La resa finale del mosto sarà del 20% circa.
La fermentazione alcolica avviene in barriques vecchie, che hanno perso oramai i sentori più invadenti di legno e spezie. I contenitori vengono lasciati “scolmi” per favorire l’ossidazione, caratteristica tipica di questo passito. A fine fermentazione non vengono effettuati travasi e il 2 agosto si assiste al solenne momento della spillatura, una tradizione che si tramanda di generazione in generazione e che rappresenta l’occasione per assaggiare il prodotto e verificare di persona come sarà il livello qualitativo dell’annata. Dopo aver effettuato il primo travaso, il vino viene rimesso in barriques scolme e si affinerà fino a maggio dell’anno successivo. Qualche travaso e una filtrazione finale che blocchi definitivamente l’attività fermentativa a salvaguardia del contenuto zuccherino residuo e della pulizia aromatica del vino, saranno la premessa all’imbottigliamento. Il vino riposerà poi per alcuni mesi e a novembre sarà pronto per andare in commercio e deliziare tutti gli appassionati di questo raro e prezioso nettare degli dei.

Il Torchiato di FregonaNei nostri bicchieri osserveremo un vino dai colori che vanno dall’oro antico all’ambrato, con elevate caratteristiche di luminosità e vivacità. Al naso un arcobaleno di profumi e sensazioni. Frutta matura, secca, in confettura. Albicocca, agrumi, fichi e note speziate e delicate dove prevale un po’ di vaniglia. In bocca la morbidezza della glicerina e la dolcezza degli zuccheri sarà inizialmente predominante, supportate anche dal grado alcolico non irrilevante. Ma a sorpresa una notevole freschezza e acidità bilancerà perfettamente le componenti morbide creando un sontuoso equilibrio di sensazioni, con un finale dai connotati amarognoli, tipico marchio di fabbrica della boschera.
Insomma un grande vino che non stanca e si allontana dai confini a volte stucchevoli di certi passiti. Un vino da abbinare in maniera adeguata alla gastronomia, ma da gustare anche solo come vino da meditazione.
Doveroso è il ringraziamento finale da fare alle famiglie, come i Dell’Antonia, che con amore e sacrificio portano avanti le antiche tradizioni della loro terra e ci permettono di godere di questi prodotti di nicchia che senza questo impegno che si tramanda di generazione in generazione rischierebbero forse di scomparire.

DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO

Claudio Dell'AntoniaLa torchiatura era un tempo pratica abituale nella produzione vinicola. Ora nella maggioranza dei casi è legata ad un processo tecnico di estrazione dei residui vinosi dalle vinacce per l’ottenimento di sottoprodotti di non elevata valenza. Ma il passito è prodotto con il torchio principalmente per il rispetto di una tradizione secolare o è un metodo che si sposa bene per questo tipo di vino?
Diciamo che il torchio rappresenta sia una tradizione che un metodo ideale per la produzione del Torchiato. E’ il simbolo della nostra comunità che ha saputo resistere al tempo e alle mode con forza e perseveranza, portando fino ai giorni nostri un prodotto che è il vanto della nostra terra e delle nostre genti. La torchiatura effettuata per più volte riesce a spremere fino all’ultima goccia del chicco. Nelle prime spremiture il mosto uscirà più fluido fino ad arrivare all’ultimo passaggio quando si otterrà un liquido oleoso e ricco di aromi e di profumi. Solo il torchio è in grado di ottenere un simile risultato.

Quanto è importante per ottenere uve di elevata qualità da destinare al Torchiato, il fatto che i vigneti di Fregona si trovino in prossimità di zone incontaminate e ricche di boschi come quelle della Piana del Cansiglio?
Direi che è un elemento fondamentale. Le colline e i vigneti si trovano ai piedi del monte Pizzoc e dell’altopiano del Cansiglio che creano condizioni ambientali ideali e microclima eccezionale. In inverno svolgono la loro funzione protettrice mantenendo il clima temperato, mentre in estate i venti e il continuo cambiamento di aria porta fresco e livelli di umidità sempre piuttosto bassi; condizione ideale nel periodo della vendemmia e all’inizio dell’appassimento.

Quali sono le origini del Torchiato di Fregona?
Ci sono molte ipotesi che ci fanno risalire agli albori della produzione del Torchiato di Fregona. Una delle più accreditate ci riporta ad un’antica abitudine che vedeva le genti del luogo donare la miglior parte della vendemmia al parroco in segno di ossequio. Questi non avendo i mezzi per poter trasformare l’uva in vino, avrebbe messo quanto ricevuto in dono nel granaio in attesa che i parrocchiani, finiti i loro lavori impellenti in cantina, facessero ritorno per portare a termine la pigiatura e la trasformazione dell’uva. Ma dopo tanto tempo i chicchi si erano disidratati divenendo più dolci, dando alla fine un vino ricco di zuccheri, alcol, aromi e profumi. Era nato il Torchiato che venne da subito apprezzato e impiegato nelle messe nella celebrazione del sacramento eucaristico.

Grappoli di proseccoChe ruolo ha il Consorzio del Torchiato di Fregona?
Il Consorzio, nato nel 1978, ha avuto un ruolo fondamentale nelle fortune del Torchiato, anzi senza il suo lavoro avrebbe rischiato forse di scomparire. Le aziende produttrici si sono messe assieme, in sintonia, come membri di una stessa famiglia e lavorando in collaborazione con l’Istituto Sperimentale di Viticoltura di Conegliano sono state fatte numerose ricerche sui cloni e sulle varietà utilizzate non ancora registrate nell’albo dei vitigni. Sono state fatte delle ricerche anche in cantina, cercando di studiare ed analizzare i metodi migliori di appassimento.
Si deve a tutto questo lavoro se il 21 agosto 1993 si è avuta la pubblicazione del Disciplinare di Produzione sulla Gazzetta Ufficiale ed con essa l’inizio della storia e delle fortune moderne del Torchiato di Fregona.
Oggi il Consorzio esegue severi controlli per verificare che i livelli qualitativi siano sempre garantiti; stabilisce i prezzi minimi di vendita e ha adottato un sistema di bottiglia ed etichetta univoco per tutti i produttori.

Quali sono i numeri del Torchiato di Fregona in termini di ettari vitati e bottiglie prodotte annualmente?
I numeri sono risicati. Il totale dei terreni vitati delle tredici aziende che fanno parte del Consorzio arrivano a circa 36 ettari per una produzione media che si aggira sulle 18mila bottiglie circa. Nell’ambito del Consorzio è nato un progetto che porterà la produzione totale a circa 100mila bottiglie. E’ stata realizzata una struttura di appassimento nella quale convoglieranno le uve di tutti i produttori e dove, sempre mantenendo l’artigianalità e naturalità delle lavorazioni, verrà vinificato e imbottigliato il Torchiato di Fregona che porterà il marchio del Consorzio e che sarà quindi un prodotto tipico che identificherà inequivocabilmente il nostro territorio.

Boschera, Verdisio e Prosecco sono le tre tipologie principali che compongono il Torchiato? Quali sono le percentuali e le caratteristiche delle tre uve protagoniste del passito?
Il disciplinare stabilisce che deve esserci minimo 30% di prosecco, minimo 30% di verdiso e minimo 25% di boschera. Poi nella misura massima del 15% posso concorrere anche altre tipologia della zona come ad esempio la perera, il dall’ocio e la bianchetta.
La varietà che caratterizza maggiormente il Torchiato è la boschera, vitigno autoctono molto vigoroso che produce poca uva ma dalla buccia molto spessa ed adatta all’appassimento. Ha un sapore e dei profumi molto particolari e la sua caratteristica principale è la spiccata acidità, fondamentale nell’equilibrio del passito. Il verdiso ha una discreta acidità e un buon corpo, ma è un’uva difficile da conservare e deve essere coltivato su terreni estremamente poveri e magri per dare dei discreti risultati.
Il prosecco è il più conosciuto, porta aromaticità, fruttato e tendendo ad appassire di più rispetto alle altre due tipologie, offre anche un elevato contributo zuccherino.

Le grotte del Caglieron nei poressi di FregonaCom’è lo stato di salute del Torchiato e di tutta l’attività vitivinicola della zona?
Il Torchiato nell’antichità era utilizzato come ricostituente, quindi la sua salute non può che essere buona. A parte gli scherzi, dal punto di vista commerciale non ci sono grossi problemi essendo i nostri numeri estremamente risicati. Però proprio per questa bassa produzione il prodotto non è molto conosciuto al di fuori dei confini locali, quindi sarebbe necessario commercializzare qualche bottiglia in più aumentando al tempo stesso la promozione del prodotto e della sua storia.

Qual è il modo migliore per degustare il Torchiato, da solo come vino da meditazione o abbinato a che prelibatezza culinaria?
Se si vuole capire il vino ed entrarci in stretta intimità, l’ideale è degustarlo come vino da meditazione. Poi si abbina ottimamente con dolci a pasta non lievitata: crostate, biscotti secchi fatti in casa, dolci a base di castagne e miele o uvetta e noci. Da provare gli abbinamenti con formaggi stagionati ed erborinati.

Facciamo uno spot turistico – promozionale. Gli appassionati dovrebbero venire a Fregona perché….lascio a te il finale.
Prima di tutto per assaggiare il Torchiato, questo mi sembra scontato. Poi ci sono ambienti naturali di grande suggestione come le Grotte del Caglieron e la foresta del Cansiglio, una delle più belle d’Italia. Poi ci sono ottimi prodotti gastronomici, con i formaggi su tutti, e non và dimenticato il patrimonio di storia e arte radicato in queste terre.

Claudio, posso andare via tranquillo allora, con la promessa che la tradizione del Torchiato di Fregona avrà lunga vita anche nelle generazioni future e che non si cadrà nell’errore di seguire produzioni più alla moda e attualmente più remunerative (vedi le bollicine di Prosecco)?
Siamo troppo legati alle nostre tradizioni per lasciarci fuorviare da logiche commerciali. Il Torchiato rappresenta un patrimonio della nostra terra e memoria storica delle genti che sono venute prima di noi. Cercheremo si di aumentare un po’ la produzione e di lavorare sulla promozione, ma devono restare sempre ben salde le radici che hanno fatto grande questo vino.

Stefano Cergolj

Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.

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