InvecchiatIGP: Merlot Toro Desiderio 1995 Avignonesi
Ci potrebbero essere forti sospetti su questa scheda, ossia che sia dettata da un atteggiamento snob (perché parlare del merlot di una azienda famosa per il Sangiovese e per il Nobile di Montepulciano?) o da semplice esibizionismo visto che parliamo di un vino di quasi 30 anni fa.
Invece vuole essere solo il racconto ai lettori che seguono il nostro giovane gruppo di una bevuta inaspettata e straordinaria, rubata alla splendida cantina di Nino Di Costanzo, patron del bistellato Dani Maison a Ischia.
Il Toro Desiderio è realmente vissuto, togliamoci la curiosità di un nome un po’ kitch, una bestia da 16 quintali vissuta oltre un secolo fa alla fattoria Le Capezzine di Avignonesi più di cento anni fa e che avrebbe dettato le regole nella definizione genetica moderna della razza Chianina.
Ricordavo di una buona annata in Toscana 1995, più di qualcuno fece la previsione di una annata longeva. E questo Merlot, che tra l’altro l’azienda ha ripreso chiamandolo semplicemente Desiderio, conferma la previsione di quanti scommisero sulla durata dei rossi.
Il rosso ci viene offerto dal sommelier del ristorante dopo una entusiasmante batteria di bianchi locali, tra cui un Forastera 2009 che fino all’ultimo poteva essere il protagonista del mio turno del sabato di Invecchiato.
Poi ho optato per il Merlot perché altri bianchi invecchiati, sapidi e con note di idrocarburi certamente ne troverò a Ischia, mentre questa bottiglia vanta pochissimi esemplari in circolazione e quindici merita la memoria scritta da affidare al grande minestrone web.
I vini di fronte al tempo o resistono o migliorando. Quindi iniziamo con il dire che sicuramente questo Toro Desiderio ha migliorato: ce lo rivela subito il colore, un rosso rubino carico ben lontano dal solito mattonato che in genere i rossi regalano dopo tanti decenni di vita in bottiglia. Il naso ha sprizzato energia a go go, dalla frutta matura e croccante ancora presente, alle note di tabacco, caffè, carruba, un po’ di cenere. Siamo in presenza di un grande vino complesso, una bottiglia in cui il Merlot sale in cattedra senza discussioni e afferma la sua assoluta predisposizione a piacere otre ogni misura, oltre ogni aspettativa, a prescindere da dove viene. Perché il segreto, con questo come per altri vitigni, è sempre nel giusto dosaggio del legno e ci appare straordinaria la misura usata in questo caso proprio mentre in Italia imperversava il cosiddetto gusto internazionale. La fusione tra frutto e legno è magica, perfetta, come pure la corrispondenza raggiunta, supponiamo sin dai primi anni trattandosi di Merlot, tra naso e bocca. Infatti al palato le note balsamiche si materializzano nella freschezza, nella verve di una beva dissetante, si dissetante e siamo spiazzati dalla modernità di concezione di un rosso pensato e imbottigliato 28 anni fa.
Un grande vino che siamo contenti di aver tracannato senza pietà sino all’ultima goccia. Sulla parmigiana di agnello di Nino poi…e cche vo’ dico a fa?
Luciano Pignataro