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I pani di tutt’Italia

Un viaggio senza fine tra forme, tradizioni, gesti, sapori diversi, regione per regione, dalla A alla V

Pane tagliato

Rotondo o lungo, alto, basso o schiacciato, più o meno saporito. Che si tratti di pane bianco, di farina di frumento setacciata, di pane nero, oppure ancora ottenuto con sfarinati di altri cereali (segale, orzo, farro), il pane frequenta le tavole italiane da quando, nel II secolo a. C., l’arte della panificazione viene introdotta a Roma.
Quando poi dal Medio Oriente, le spezie prendono a invadere il bacino del Mediterraneo, diviene comune l’utilizzo di insaporire i pani e di cominciare a differenziarli in maniera considerevole. E nel corso dei secoli, il pane bianco di frumento, figlio delle farine più raffinate e contraddistinto da diverse forme e condimenti (olio, strutto, latte o altro), diventa, effettivamente, prerogativa di chi può permetterselo.
Quanto alle tecniche produttive, innovazioni agrarie, macchinari più efficienti e fondamentali scoperte in campo biologico e chimico (con Liebig e Pasteur) sono alla base della loro evoluzione e con essa della crescita esponenziale del numero dei pani italiani e della loro diversificazione secondo costumi e usi locali.
Oggi la geografia italiana non è più chiara e delimitata come un tempo, ma comunque le tipologie tradizionali rimangono, per fortuna, abbastanza intatte, seguendo talvolta criteri precisi: forme più piccole, croccanti e compatte nelle regioni settentrionali, mentre nel centro-sud il consumo privilegia pagnotte decisamente più grandi, magari sciape come in Toscana, di impasto più consistente, fatte per durare a lungo.
Ed ecco allora un pane per ogni regione, per non offendere alcuno e alcunché…
Nell’Abruzzo e nel Molise troviamo soprattutto il Pane di Senatore Cappelli, dove la semola rimacinata è mescolata al lievito naturale e all’acqua salata, ed è poi lasciata lievitare per diverse ore: insomma, fragranza e complessità di gusto. Nell’Alto Adige il pane per antonomasia è il Schüttelbrot (pane scosso): un impasto costituito da farina di segale chiara e da farina di grano tenero, a cui si aggiungono acqua, lievito, sale, nonché erbe locali (semi di finocchio, cumino, trifoglio). In Basilicata non può mancare il celeberrimo Pane di Matera: farina di grano duro (prevalentemente varietà Cappelli), sale, pasta madre, acqua. Intenso nei profumi richiamanti il grano, tale forma si presenta con crosta croccante, di colore marrone con sfumature grigiastre e la cui mollica, dagli alveoli ben visibili, richiama tonalità giallo ocra. In Calabria c’è la Pitta, una sorta di focaccia tondeggiante, bassa e tenera, preparata utilizzando gli stessi ingredienti del pane, sapida e aromatica, accompagnata spesso da verdure o altri prodotti della gastronomia locale.

coppia ferrarese

In Campania, diffuso in tutto il territorio il Pane Cafone: farina di grano tenero, impastata con il sale e il lievito sciolto in acqua tiepida e fatto lievitare per almeno 5 ore. In Emilia la Crescentina (Tigella) e in Romagna la Piada presentano, rispettivamente, tali requisiti: farina di grano tenero o al limite integrale calata su una spianatoia, con latte, lievito naturale secco e un pizzico di zucchero; farina di grano tenero, lievito da pane, lievito di birra, strutto (sostituibile con olio extra vergine di oliva), latte e acqua gassata. In Friuli Venezia Giulia il Grispolenta rappresenta la tipicità contadina: grossi grissini a base di farina di mais e di farina di frumento lavorata con acqua, olio d’oliva, strutto, lievito naturale (pasta madre fatta fermentare dalla sera prima), sale.
Nel Lazio, famosissimo è il Pane Casereccio di Genzano: il lievito naturale deve essere rigenerato tutti i giorni con acqua e farina in misura proporzionale alla quantità di impasto; per ogni quintale di farina vanno aggiunti due chili di sale, un chilo e mezzo di lievito e circa 70 litri d’acqua. In Liguria domina la focaccia, o meglio, la fugassa, ma la Carpasinn-a è una vera specialità: farina d’orzo, fermento madre, acqua di sorgente e sale fino a ottenere un impasto morbido. Il risultato è un pane dalla consistenza molto dura, tanto che viene ammorbidito in acqua prima di essere consumato e condito. In Lombardia non ci si può dimenticare della Michetta (o Rosetta) che fa parte della famiglia dei pani “soffiati”, vuoti all’interno, molto ben cotti e caratterizzati da un’alveolatura piuttosto sviluppata: farina forte di grano tenero, acqua (48%) e lievito che riposano per circa 20 ore alla temperatura di 15 gradi. Nelle Marche è il Filone Casareccio che la fa da padrone: il lievito a pasta acida è sciolto con acqua tiepida leggermente salata e mescolato alla farina di grano tenero. In Piemonte è la Biova il pane più famoso e più diffuso: farina di grano tenero impastata per mezz’ora circa con lievito di birra, acqua a 18-20 gradi (10-12 in estate), sale ed eventualmente strutto. In Puglia non possiamo dimenticare il Pane di Altamura: farina di grano duro coltivato e lavorato in cinque comuni della Murgia nord-occidentale; lievito naturale a pasta acida, acqua, sale e cotto esclusivamente con legno di quercia. In Sardegna è il Pane Carasau l’emblema indiscusso della panificazione: figlio di solo semola, facilissimo da fare a pezzi, si prepara impastando la farina con sale marino, lievito madre e/o di birra, acqua tiepida. In Sicilia è senza dubbio il Pane di Castelvetrano uno dei più pregiati, se non il primo della lista: pagnotta rotonda di grande pezzatura, si caratterizza per il colore scuro, l’aroma di tostato, il sapore dolce e gustoso, dati dalla mescolanza di due farine, quella di grano duro integrale e quella ricavata da un’antica varietà di frumento locale, la tummunìa (timilia). In Toscana non è certo il sale ad elevarsi protagonista. Quello Toscano si ricava da farina di grano tenero, il lievito madre è ottenuto con acqua, farina e lievito di birra e va rinfrescato ogni giorno aggiungendo acqua e farina. Crosta dorata, friabile, croccante e sottile all’esterno, la mollica è bianca e dall’alveolatura irregolare. In Trentino, la Bina è molto tradizionale ed è formata da quattro pezzi uniti tra loro, il cui peso complessivo è di circa 200 grammi: farina di frumento, acqua, lievito, sale e olio d’oliva.

varietà di pane

In Umbria è il Pane casereccio quello più comune, saporito, profumato, soffice, ha il colore del grano maturo che deriva dal solo uso di farina integrale macinata a pietra, ricca di sostanze, proteine e oli essenziali presenti nel germe. L’impasto, morbido e compatto, è preceduto solitamente dal lievito madre poi è completato da acqua e pochissimo sale. In Valle d’Aosta è il Pane di Segale a evidenziare la tipicità: farina di segale e farina di grano tenero in parti uguali (spesso con lievito madre), acqua e sale. Una volta cotto, viene ancora oggi consumato in loco sia secco che ammorbidito (raramente) nel latte o nel brodo, nell’acqua e nel vino. In Veneto, infine, una delle tipologie più diffuse è la Ciòpa: farina di grano tenero, acqua, pasta acida, sale, lievito di birra. Una mollica compatta e una crosta molto dura con profumi di lievito, sentori vegetali che ricordano la foglia secca, la cenere di legna e la farina; un sapore “asciutto” con vaghi ricordi di frutta secca, in particolare di pistacchio tostato e di legumi.

Lele Gobbi

Lele Gobbi

Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.

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