L’emozionante e istruttivo percorso alla scoperta delle belle realtà vinicole del Friuli Venezia Giulia ci porta oggi a Valvasone in provincia di Pordenone, presso l’azienda Borgo delle Oche. Ci troviamo nella zona vinicola delle Grave, la più vasta della regione, che si estende dai territori intorno a Udine verso occidente fino alla provincia di Pordenone. Il nome trae spunto dal tipo di terreno che caratterizza la zona, ricco di sassi e ghiaia, capace di produrre vini interessanti e di qualità a patto che si utilizzino criteri colturali con basse rese produttive. La produzione delle Grave grazie alla sua superficie rappresenta oltre i due terzi della produzione totale della regione. Sulla riva destra del fiume Tagliamento sorge Valvasone ed è qui, in un borgo medioevale che anticamente era denominato “Contrada del Borgo delle Oche”, che ha sede l’azienda di Luisa Menini che assieme al marito Nicola Pittini danno vita a una bella realtà emergente delle Grave. Vengo accolto con estrema cortesia da Luisa e Nicola e dopo le presentazioni di rito mi invitano all’interno della saletta di degustazione, ambiente accogliente e carino, teatro ideale per iniziare la nostra conversazione. Luisa mi racconta di come le radici aziendali siano centenarie e si deve fare un balzo temporale all’indietro per arrivare al lontano 1907 quando nei territori di Rivis di Sedegliano troviamo i nonni dediti alla produzione di uve per le cantine sociali, di cereali e a seguire altre attività commerciali come la produzione di bachi da seta e di legnami che venivano trasportati con l’ausilio delle correnti del vicino fiume Tagliamento.
Luisa, perito agrario e successivamente laureata in Tecnologie alimentari, pian piano viene coinvolta in quella che rappresenta l’attività secolare della famiglia e inizia con passione e professionalità ad avvicinarsi e innamorarsi sempre più del mondo della viticoltura. Correva l’anno 1992 quando il destino volle che in una gita universitaria conoscesse quello che sarebbe diventato successivamente suo marito e “collega” di lavoro, Nicola Pittini, agronomo ed enologo (scherzando chiedo se oltre alle caratteristiche fisiche anche quelle professionali abbiano giocato a favore di Nicola, ma Luisa “giura” che si è trattato solo di una fortunata coincidenza). Non ci vuole molto a capire che essendoci la terra e le viti, la passione e la professionalità delle persone, il desiderio di realizzare una cantina propria non poteva tardare a fiorire.
Intorno all’anno 1997 vengono vinificati con mezzi molto rudimentali alcuni quintali di uve normalmente destinate alla vendita, di Merlot e Cabernet Sauvignon, per provare a farne un vino rosso da affinamento in legno ed è per questo motivo che vengono acquistate due barriques, una nuova e una di seconda mano: il volo verso le produzioni di qualità firmate Luisa e Nicola era iniziato. Il primo vino che troverà dimora in bottiglia si chiama Svual (Merlot e Cabernet Sauvignon) a rappresentare il volo delle oche e metaforicamente l’avvio dell’attività, una produzione totalmente artigianale dove anche le stesse etichette sono ottenute da un design curato ma casereccio. I primi risultati ottenuti, sicuramente gratificanti e incoraggianti, portano successivamente a vinificare anche le uve Traminer e Chardonnay, anche Luca, uno dei due figlioletti, non vuole essere protagonista passivo della crescita aziendale e si cimenta nella veste grafica delle etichette delle bottiglie. Ma il tempo delle prove e delle sperimentazioni ha come unico obbiettivo finale l’inizio dell’attività vinicola e commerciale vera e propria, prima però Luisa e Nicola vogliono che ci siano tutti gli elementi per iniziare da subito con una produzione di qualità e quindi si prodigano nel progettare una risistemazione dei vigneti, uno studio sulle concimazioni e sulle tecniche di potatura, una filosofia di intervento in vigna tutta manuale, che deve avere come unico obbietto un prodotto finale che emozioni e che rispetti i canoni qualitativi a cui tanto tengono.
Ed è così che nasce ufficialmente nel 2004 l’azienda con la denominazione “Borgo delle Oche” e in pochi anni, grazie alla passione e competenza in vigna di Luisa e alla professionalità di Nicola in cantina, i risultati ottenuti riempiono di orgoglio questa giovane coppia di vignaioli. Nascono così una dopo l’altra, una serie di deliziose etichette, dove a parte il pinot grigio, tutte subiscono una macerazione sulle bucce e sono frutto di basse rese in vigna e grandi densità d’impianto. Ad arricchire la batteria dei vini bianchi troviamo il Traminer, il Pinot Grigio, lo Chardonnay, il Lupi Terrae (da verduzzo friulano, tocai friulano e malvasia) che deve la nomenclatura all’antico nome di Valvasone (terra dei lupi), l’Alba, unico passito di traminer prodotto in Friuli e il cui nome è in memoria della madre di Luisa oltre a prendere spunto da un disegno del figlio in etichetta che rappresenta appunto la nascita del sole. Ultimo arrivato nella famiglia dei bianchi, il Terra e Cielo, spumante metodo classico da uve chardonnay. La squadra dei rossi è meno nutrita ma non per questo meno combattiva, Merlot, Refosco e Svual ci regalano piacevoli emozioni e lasciano campo aperto alle notevoli possibilità di abbinamento con carni e formaggi. Come di consueto mi predispongo a porre le mie domande, questa volta non ad uno ma ai due protagonisti che hanno dato vita a questa interessante realtà, onere e onore delle risposte che sarà diviso equamente.
DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO
Vignaiola per vocazione o da bambina avresti sognato di fare qualcos’altro? L: Se devo essere sincera da bambina non avrei voluto fare questo mestiere. Nonostante fin da piccina accompagnassi mio padre nei vigneti e i miei studi di perito agrario mi portavano comunque verso quella direzione, solo verso i vent’anni iniziai veramente ad appassionarmi al mondo nel quale ero nata e a non vedere il futuro di vignaiola come una costrizione bensì come un piacere immenso. A questo punto Luisa deve lasciarci momentaneamente e passare il testimone al marito Nicola, sembra che il figlio Luca che aveva già dato dimostrazione di una vena artistica disegnando le prime etichette delle bottiglie, questa volta voglia cimentarsi nella realizzazione artigianale di un mezzo a due ruote che possa in futuro competere con le prestazioni del mitico Valentino Rossi. A Luisa quindi non resta che andare a controllare che tutto il lavoro si svolga a regola d’arte e soprattutto in piena sicurezza.
Com’è il tuo rapporto con chi beve i tuoi vini? Ti capita spesso di confrontarti? N: Sicuramente il confronto è importante e deve esserci sempre, solo così si può migliorare e crescere continuamente.
Che percentuale di importanza dai al lavoro in vigna e a quello in cantina? N: Visto che la cantina la seguo io, dovrei un po’ “tirare l’acqua al mio mulino”, ma la realtà è che il lavoro in vigna è importante per l’80%, nel restante 20% l’enologo deve cercare solo di non fare danni.
Se ti dico biologico, biodinamico, cosa mi dici? N: Beh, non posso che affermare che sono concetti importanti, il biologico si addice un po’ più alle nostre zone, mentre il biodinamico è molto più difficile. Per quello che ci riguarda cerchiamo di limitare al massimo la chimica, ridurre all’osso i trattamenti e l’uso degli insetticidi, alla fine in vigna ci lavoriamo noi e ci teniamo alla salute nostra e dei nostri figli. Detto questo è ovvio che il clima e la zona non ci permettono di eliminare completamente qualsiasi intervento in vigna, e giocoforza qualche trattamento bisogna farlo.
Siamo nella zona Doc Grave, caratterizzata da terreni ricchi di sassi e ghiaia. Quali sono le maggiori problematiche che hai e quali invece le maggiori gioie che il terreno ti dà? N: Diciamo che le caratteristiche del terreno a seconda delle parcelle territoriali possono cambiare, infatti trovandoci in mezzo ai fiumi Meduna e Tagliamento abbiamo molti terreni di riporto, e quindi le caratteristiche del suolo possono cambiare da un vigneto all’altro. Le cose positive sono che abbiamo maggior disponibilità di acqua rispetto che in collina e in certe situazioni di siccità estrema questo è sicuramente utile, poi i sassi bianchi riflettono la luce del sole e immagazzinano il calore che viene poi ceduto di notte, e questo significa avere delle buone maturazioni delle uve. La zona, se parliamo di problematiche, è poco ventilata e quindi il ristagno di umidità provoca una maggior pericolosità per quel che concerne certi tipi di malattie.
Un’azienda piccola come la vostra, con numeri che arrivano alle 25-30mila bottiglie annue, in che modo trova visibilità sul mercato? N: Non si può che puntare sulla qualità del prodotto e sulla sua particolarità, solo così si può essere competitivi sul mercato.
Ho letto che in futuro volete proporvi come fattoria didattica per i bambini delle scuole. Da dove nasce questa idea? N: E’ un progetto che abbiamo in cantiere e che purtroppo non è ancora partito per questione di tempo a disposizione. Ma è un’idea a cui teniamo tanto perché sarebbe una bella cosa riuscire a istruire e rendere partecipe il mondo giovanile su quanto di bello e sano ci sia nella natura e nella campagna.
Agronomo dal 1990 ed enologo dal 1991, quanto è cambiato in questo ventennio in vigna e in cantina e come sei restato al passo dei cambiamenti? N: In regione e anche fuori regione in vigna si è fatto molto, sono cambiate tecniche di impianto e sistemi di potatura, sono cambiati trattamenti e sistemi di concimazione. In cantina c’è stato un abbandono della chimica pesante e c’è maggior sensibilità verso il prodotto finale. Io da enologo, lavorando anche in altre cantine, non posso non aggiornarmi e restare al passo con le nuove tecniche e le nuove scoperte in materia, come fa ogni bravo professionista del settore.
Moglie e marito che oltre a condividere gli aspetti famigliari si trovano a interfacciarsi e collaborare nelle questioni lavorative, tutte rose e fiori anche in vigna e in cantina? N: Ovviamente qualche discussione può nascere, ma il tutto resta circoscritto a un confronto costruttivo che porti all’obiettivo finale che entrambi perseguiamo, un vino che piaccia a noi e piaccia anche ai nostri clienti. A questo punto, sarà un caso o sarà sesto senso femminile, ecco che Luisa ritorna a farci compagnia e vuole integrare la risposta a questa domanda un po’ “piccante”. L: La forza del nostro rapporto e quindi anche della nostra attività è che io e Nicola abbiamo caratteri diversi anche se entrambi forti. Io amo stare in vigna e amo comunicare con la gente, infatti sono io che seguo la parte di marketing e presentazione dei nostri prodotti mentre mio marito ama più la tranquillità, le folle rumorose non sono il suo habitat naturale, ma è bravo a fare parecchie cose a cui io non sono portata, quindi uno compensa l’altro e questa è una cosa molto bella e positiva. Quindi l’importante è mantenere i ruoli separati, io gelosa della mia vigna e lui della sua cantina, mai prevaricare le rispettive competenze ma creare una linea di confine dove la collaborazione deve essere massima e finalizzata al risultato finale che è quello di fare buoni vini.
Hai qualche progetto per l’immediato futuro per quanto riguarda la vostra Azienda? L: Ho iniziato delle sperimentazioni su vitigni autoctoni tipici di Valvasone, recuperando delle barbatelle che sembravano estinte e impiantandole nel vigneto. Fra un paio di anni vedremo i risultati, che spero siano soddisfacenti, perché sarebbe bello recuperare dei vitigni che fanno parte della storia del luogo e potrebbero essere anche un mezzo in più per farci conoscere.
Fammi un bell’abbinamento cibo-vino con un vostro bianco e poi con rosso. L: Allora, come bianco l’Alba che abbinerei a formaggi erborinati e a cioccolato fondente. Come rosso, un Merlot da abbinare a carni rosse e formaggi stagionati.
Accidenti quanto piove, Noè bussa alla tua porta e oltre alle cose a te più care ti lascia portare solo una bottiglia di un tuo vino per rendere più piacevole la gita sull’Arca, cosa ti porti dietro? L: Beh, dico Svual perché ha rappresentato il nostro primo vino imbottigliato e l’inizio del “volo” della nostra azienda.
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